vi copio e incollo le parti più interessanti... perchè non riesco a far funzionare il link! ehehehe
L'uomo più felice del mondo:
«Il segreto? Allenarsi»
Matthieu Ricard, 62 anni: ha lasciato la carriera per diventare monaco buddista. «La serenità è una scelta»
Che cosa dobbiamo fare per essere felici?
Se l'aspettava. Sorride con gli occhi e risponde con tono gentile: «Istintivamente riponiamo tutte le nostre speranze nelle condizioni esteriori. Non è sbagliato. È normale anelare a una vita lunga, in salute, in un paese libero e democratico. Ma è fondamentale che ci concentriamo sulle condizioni interiori. Perché la felicità non è una successione fortunata di eventi felici, ma è un modo di essere ottimale che ci dà le risorse per gestire ciò che ci succede. La strada per arrivarci è l'allenamento dei nostri sentimenti migliori: l'altruismo, la compassione, la pace interiore. Ed è anche la liberazione progressiva dalla collera, dalla paura, dalla gelosia, dall'orgoglio».
Facile in un monastero. Difficile da praticare tutti i giorni con il capo, l'amica o il vicino di casa.
«A maggior ragione in un mondo caotico è importante cominciare a trasformare dentro di noi. Con un po' di sforzo e tanta pratica. Come si dedicano molti anni alla formazione culturale e professionale, così dobbiamo darci del tempo per trasformare noi stessi ».
«Con il contagio emozionale. Cioè rispondendo con un atteggiamento sinceramente positivo e aperto. L'aggressività di quel collega, alla fine, si smorzerà. Il che non significa essere passivi e subire. Vuol dire scegliere lucidamente di non litigare».
Esiste una felicità del falegname, del panettiere, del manager?
«No. Le componenti fondamentali della felicità sono le stesse per tutti, come quelle dell'infelicità: bontà, generosità, apertura al prossimo; e malvagità, gelosia, egoismo».
Che senso ha fare ricerca interiore mentre i popoli sono sconvolti da guerre e povertà? Non sarebbe più utile agire concretamente?
«Potremmo domandarci, allora, a quale scopo costruire un ospedale. Non dovremmo sbrigarci e operare per strada chi è ferito? Eppure, quando l'ospedale è finito, sarà un mezzo molto più potente per prestare soccorso. Allo stesso modo non c'è nessuna guerra che non cominci con dei pensieri di odio, di collera e di competizione. Se cominciamo a trasformarli a livello individuale, forse si può evitare la guerra».
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